Voci da Herat

Voci da Herat

Kadija (nome di fantasia) ha ventitré anni e una vita davanti a sé; la sua è la storia di una giovane che è riuscita a liberarsi da un destino segnato. Il nuovo Afghanistan non lascia illusioni: i talebani sono tornati dopo venti anni di guerra imponendo la loro visione della Sharia. Una visione che realizza il delirio misogino di cancellare ogni traccia delle donne nella vita pubblica. Nascere femmina è tornato a costituire uno stigma che provoca la perdita di ogni diritto. Alle donne non è consentito studiare, lavorare, frequentare i parchi, allontanarsi senza essere accompagnate da casa, mostrare il volto, parlare con estranei. La minima trasgressione è punita severamente, a volte con la morte, in quanto l’accusa di adulterio è divenuta un’ossessione.

Nell’agosto del 2021, quando i talebani sono tornati al potere, Kadija ha scelto di restare. Ha dovuto rinunciare all’università, all’attività umanitaria, ai propri amici e infine ad uscire di casa. Ma accettare d’essere murata viva non è risultato sufficiente: un talebano ha iniziato a fare pressione sulla famiglia per averla come seconda moglie. Non ottenendo la risposta attesa, è passato alle minacce. A quel punto Kadija si è messa in contatto con sua sorella, giunta in Italia nel 2021 con il programma sostenuto da Vento di Terra.

Lasciare l’Afghanistan: una decisione estrema e sofferta per una giovane che non era mai uscita dal paese ed era sempre vissuta sotto la tutela della famiglia. Un passo dal quale non si torna e che significava lasciare gli affetti, la famiglia, rischiando la vita durante il viaggio. Ma ormai Khadija aveva deciso: avrebbe raggiunto Kabul, ottenuto un visto per il Pakistan e attraversato la frontiera. Ricevette conferma della ripresa i voli umanitari verso Roma, ma le fu ribadito che nessuno poteva garantirle la partenza.

La famiglia si rese conto che la situazione stava giungendo a un punto di rottura, in quanto i talebani cominciavano a proporre il matrimonio forzato come percorso di “rieducazione” delle donne che avevano militato nelle organizzazioni umanitarie, a contatto con gli infedeli. Si definì la data della partenza di lì a una settimana. Vento di Terra avrebbe sostenuto economicamente Kadija e un operatore della ONG l’avrebbe seguita da remoto durante il viaggio e la permanenza in Pakistan. Infine, un cugino e una zia si offersero di accompagnarla in autobus fino alla frontiera. Raggiunta Kabul, si pose tuttavia il problema del visto il cui rilascio veniva continuamente posticipato. Il problema venne risolto mediante un contatto locale e con la mediazione di un’agenzia specializzata.

La confusione che trovò Kadija al confine era massima: i profughi si accampavano al gelo, in attesa di mettersi in fila la mattina per i controlli. C’erano molti bimbi, anziani, persone malate. La maggior parte di loro aveva impressi nel volto i tratti della paura e della mal nutrizione. Un uomo alto e magrissimo, con un gran turbante azzurro in testa aveva trasportato sua moglie, che non poteva camminare, fin lì con una carriola. Kadija attese il suo turno, ma fu bloccata dai miliziani: tra i due posti di frontiera c’arano alcune centinaia dui metri da percorrere a piedi e una donna non poteva farlo da sola. A nulla serv’ protestare che dall’altra parte del confine la stavano aspettando i suoi parenti.

D’altro lato il cugino e la zia non avevano il visto pakistano e temevano che i taleb iniziassero a fare domande cui non avrebbero saputo rispondere. Dopo parecchie discussioni e rinvii, si trovò una famiglia disposta a prendere la giovane sotto la propria custodia nel breve percorso che li separava dal posto di frontiera. Ma ciò non risolse e i miliziani richiesero di parlare per telefono con il padre di Kadija, perché confermasse di avere approvato il viaggio della figlia e che questa realmente stesse raggiungendo il Pakistan per motivi di salute.

Islamabad è una metropoli moderna, inquinatissima e caotica. Vi risiedono molti afghani, la maggioranza dei quali giunti durante la guerra civile degli anni ’90. Kadija riceveva aggiornamenti dall’Italia, ma la notizia sperata faticava ad arrivare. Usciva raramente di casa e passava lunghe ore al telefono con la madre e la sorella. La prima chiamata dello staff dei voli umanitari giunse oltre due mesi dopo e le cambiò la vita. La speranza si era trasformata in possibilità, facendole superare lo spettro del ritorno in Afghanistan dopo la scadenza del visto.

La Tavola Valdese confermò la data del suo volo e la sua disponibilità ad inserirla nel programma di accoglienza una volta giunta in Italia. Khadija ricevette informazioni dettagliate sulle visite mediche e gli esami richiesti, sulla documentazione necessaria per ottenere il visto. Un percorso complesso, che alcuni non erano riusciti a portare a termine perché mancanti dei requisiti, dei documenti o per problemi di salute. Ma Kadija si sentiva cambiata e più sicura di sé stessa. Non ebbe difficoltà a chiarire la sua situazione e ad affrontare gli incontri con lo staff dell’Ambasciata italiana. Non ebbe difficoltà alcuna a salire con altri rifugiati su di un volo diretto a Roma. Grazie alla sua determinazione, al contributo di quanti hanno sostenuto il Programma Afghanistan di Vento di Terra, questa mattina un nuovo destino le si è aperto davanti.

Seguiteci e sosteneteci per aiutare insieme a noi i civili afghani in attesa di una nuova vita.

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