Vento di Terra partecipa all’operazione di AOI: messe in salvo 12 persone nelle ultime 48 ore.

Vento di Terra partecipa all’operazione di AOI: messe in salvo 12 persone nelle ultime 48 ore.

Le immagini del canale dopo l’attentato sono sconvolgenti. Per tre giorni abbiamo operato in quel punto. Vento di Terra aveva lanciato il primo appello a favore dei collaboratori delle ONG a giugno. Ne sono seguite riunioni e contatti con l’Associazione ONG Italiane, coordinata da Silvia Stilli e Afghana di Emanuele Giordana. La situazione è degenerata il 15 agosto, con la presa di Kabul da parte dei talebani. Lo stato, il governo, faticosamente sostenuti in 20 anni di guerra dalla Coalizione, semplicemente non c’erano più. La notte stessa le Ong del tavolo hanno mandato le loro liste. VdT ha fatto convergere i suoi collaboratori da Herat, ove operava, a Kabul. Un viaggio lungo e faticosissimo, via terra.

All’aeroporto di Kabul intanto la situazione si faceva grave, con i militari di fatto assediati dai talebani, che progressivamente restringevano l’accesso al gate ai civili, fino a impedirlo definitivamente nella giornata del 25 agosto. Intanto le ONG intensificavano il coordinamento interno. Il nostro coordinatore giungeva a Kabul con sua moglie e un bambino di un anno. Il 22 agosto l’aeroporto era ancora agibile, ma invaso da una quantità di persone, che si pressavano nella speranza di passare il check point americano.

Avevamo compilato una lista comune con Afghana di Emanuele Giordana. Per le nostre famiglie si trattava di affrontare una fila di oltre un chilometro per raggiungere il Gate dell’aeroporto, quindi dirigersi verso l’area occupata dalle truppe britanniche ed attendere istruzioni. Al termine le famiglie si trovavano in uno stretto corridoio, limitato sulla destra, dallo stretto canale e da un muro dall’altra. Inviavamo passo passo istruzioni, aggiornamenti, ma soprattutto cercavamo di sostenerli. A nostra volta ricevevamo indicazioni e coordinamento dall’infaticabile Presidente di Pangea Onlus Luca Lo Presti.

Sopportando la pressione della calca, dopo 7 ore giungevano al ponte. Dovevano attendere l’intervento dei parà e fare in modo di essere riconosciuti. Come videro i soldati i nostri iniziarono ad urlare “Tuscania”, “Italia”, mostrando i segni di riconoscimento. Whatsapp in quei momenti è stato prezioso, dandoci la possibilità di scambiare con il comando immagini e messaggi in tempo reale. È stato tramite un mediatore afghano, che abbiamo infine stabilito il contatto. Il nostro coordinatore e la sua famiglia hanno attraversato il canale alle 9,00 ora locale.

Abbiamo seguito un secondo gruppo messosi in coda la sera del 24: 9 persone, di cui 5 minori. Destava preoccupazione la presenza di due neonati; dopo una lunga attesa il gruppo ha raggiunto il gate, dirigendosi verso il corridoio. Questa volta non c’era possibilità alcuna di movimento. La gente doveva stare in fila sostenendo una pressione crescente da dietro, senza potersi muovere. A lato stava il canale e sull’altra sponda gli inglesi, che ricacciavano indietro chiunque tentasse di attraversare. Con me dall’Italia sosteneva il gruppo una straordinaria pediatra, Valentina. I bimbi erano in braccio alle madri che iniziavano a cedere, non c’erano bagni né generi di prima necessità. Solo attesa e buio.

Alle 5:00 avevano raggiunto il canale, ma non il punto di incontro: ancora in piedi in fila, senza potersi muovere. Alle 6:00 giunse la notizia che i soldati non sarebbero usciti. Si diffuse il panico, il gruppo si disperse e perdemmo il contatto per qualche decina di minuti. Ci coordinammo con Cospe per riunire i due gruppi, in attesa della prossima operazione dei militari, prevista per le 15:00. Con molta fatica e l’utilizzo dei GPS riuscimmo a creare un gruppo unico: nel pomeriggio furono raggiunti dai militari del Tuscania per l’identificazione, ma non li fecero entrare.

Attendemmo inutilmente sino a sera. A quel punto la situazione si era fatta grave: le donne non andavano in bagno da 24 ore, il cibo e l’acqua erano finiti, i cellulari si stavano scaricando. Erano nel buio completo. Uno dei cellulari era ancora attivo e da qui cercavamo di supportarli, ma la speranza svaniva con il passare delle ore. Alcuni gruppi in iniziarono a tornare indietro. La situazione divenne disperata all’alba, quando lanciammo un ultimo appello alla Deputata Lia Quartapelle, con la quale eravamo in contatto dall’inizio. Poco dopo le 6:00 il referente del Cospe ricevette una chiamata con le indicazioni per l’“estrazione”.

La folla rimaneva compatta, non c’erano possibilità di muoversi. Decisero di percorrere nell’acqua il canale sino ad arrivare al gate. Così fecero, passando in quel luogo ove poche ore dopo sarebbero morti 100 innocenti. Furono minuti convulsi e terribili, perché altri afghani, veduti i nostri, si gettarono a loro volta nel canale, sperando in una via di fuga. Il gruppo fu prelevato dai parà del Tuscania alle 10:30 ora di Kabul.

Questo è il resoconto della terribile odissea dei collaboratori afghani nell’ultima settimana. Non abbiamo dati certi, ma le liste iniziali contavano circa 200 persone, cui se ne sono aggiunte mano mano altre. Molti di loro sono entrati ieri, finché le operazioni sono state interrotte dall’attentato.

L’amarezza per le perdite si mescola oggi con la felicità nel ricevere le foto delle famiglie a Fiumicino. La determinazione si è fatta tuttavia più forte vedendo il canale tinto di rosso. Tenteremo con tutte le risorse disponibili di soccorrere quanti sono rimasti e di aprire nuovi canali umanitari.

 

Milano 27 agosto 2021

Per Vento di Terra ONG

Massimo Annibale Rossi