Una “Striscia in Gabbia” – Oggi più che mai

Una “Striscia in Gabbia” – Oggi più che mai

Gaza è un fazzoletto di terra su cui Israele ha imposto un blocco terrestre, marittimo e aereo. La chiamiamo una “Striscia in Gabbia”. Non esistono passaggi per il transito di persone o merci che non siano controllate dall’esercito israeliano. Per entrare si deve ottenere un permesso, rilasciato dopo lunga indagine al personale internazionale e con tempi ancora più lunghi ed esito meno certo nel caso di personale palestinese non residente a Gaza. Per uscire i palestinesi di Gaza devono chiedere un permesso, che nella maggior parte dei casi viene negato, e il solo punto di accesso e uscita rimane il valico di Erez, a Nord, vicino a Beit Hanoum ed al villaggio, a noi particolarmente caro, di Um Al Naser, zone da giorni poste sotto violenti attacchi via area e via terra. Gaza è uno dei luoghi più densamente popolati al mondo. In quel fazzoletto di terra lungo 40 km e largo 10, secondo dati ufficiali aggiornati ad agosto 2020  vivono 1.920.000 persone, di cui il 43% circa minori di 14 anni. L’agenzia ONU OCHA stima che a Gaza nelle prossime settimane siano attese circa 1000 nascite. In questi ultimi giorni ci arrivano testimonianze, tramite racconti e immagini, di bombardamenti alle strade che portano al principale ospedale della Striscia, bombardamenti a scuole e servizi comunitari, bombardamenti ad abitazioni civili dove risiedono imprese e uffici. Tutti hanno parlato del bombardamento che ha completamente distrutto il palazzo che ospitava le principali agenzie di stampa, tra cui Al Jazeera. Dietro alla retorica degli scudi umani, secondo cui ogni luogo può diventare target nonostante vi siano civili inermi, l’esercito israeliano oggi sta compiendo un nuovo grande massacro senza che questo possa essere testimoniato o denunciato. Perchè da Gaza, considerato tutto quanto detto sopra, la gente non può uscire neanche per scappare ai bombardamenti, e di posti veramnete sicuri in cui cercare rifugio non ce ne sono, neanche le scuole lo sono più.
Oggi a Gaza nessuno può entrare per garantire assistenza medica e umanitaria alle vittime innocenti di questo violento attacco.
A Gaza nessuno può testimoniare, se non attraverso canali social come questo e tramite le chat private, il terrore che si sta vivendo, le urla continue dei bambini, la tragedia degli adulti che non sanno più come affrontare una simile crudeltà e che non trovano rifugio se non nella fede e nella speranza di arrivare vivi alla fine di ogni giorno.
Quando la logica del doppio valore tra una vita umana israeliana e una vita umana palestinese finalmente cesserà di esistere, quando torneremo a comprendere che Gaza è un luogo di esseri umani, uomini donne e bambini portatori come tutti noi di pieni diritti, oggi invece in preda al terrore più assurdo – ricordiamo che nelle notti scorse fino a 160 aerei contemporaneamente hanno lanciato attacchi sulla Striscia – ecco quando torneremo a dare valore alla vita umana a prescindere dal luogo dove si trova e dalle idee che sposano i suoi governanti, quello sarà un giorno di luce per l’umanità intera.
Nell’attesa, chiediamo fortemente che si arrivi ad un cessate il fuoco e che vengano aperti dei corridoi umanitari per permettere alla popolazione di una striscia in gabbia di avere il diritto all’assistenza umanitaria che ogni essere umano merita, quando su di lui si scatena la furia di un conflitto di cui non è responsabile.
Photo di: @solimanhijjy