Resta preoccupante la situazione COVID19 in Palestina

Resta preoccupante la situazione COVID19 in Palestina

La situazione nei Territori Occupati Palestinesi in tema di COVID-19 registra al 28 maggio 632 casi confermati, di cui 69 a Gaza. I decessi sono ad oggi 5, mentre 532 sono i guariti. Si tratta di un dato problematico, in quanto le strutture sanitarie palestinesi sono afflitte da una cronica mancanza di mezzi ed operatori, in particolare a Gaza. La capacità totale di ricezione delle unità di trattamento intensivo è infatti di soli 235 pazienti in West Bank e 87 a Gaza. Il totale dei tamponi ad oggi effettuati è 60 mila, su di una popolazione di oltre 5 milioni di persone. Un dato che fa supporre che la pandemia sia molto più diffusa nei territori di quanto ufficialmente dichiarato.

L’area maggiormente colpita è il Governatorato di Gerusalemme, con un totale di 319 casi, di cui 179 a Gerusalemme est. La situazione nella capitale appare particolarmente critica, anche in relazione dell’atteggiamento di Israele verso le iniziative palestinesi. All’inizio di aprile la polizia israeliana ha arrestato il Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese per Gerusalemme e il Governatore ANP, con l’accusa di avere svolto attività illegali. In realtà Fadi al-Hadami e Adnan Ghaith sostenevano iniziative di prevenzione tra la popolazione palestinese, che, vista la virulenza del virus, avrebbero cautelato anche la salute dei residenti israeliani. Il 14 aprile la polizia israeliana è nuovamente intervenuta nel quartiere palestinese di Silwan, chiudendo una clinica e arrestando quattro operatori sanitari. La polizia ha motivato l’azione con il fatto che alla gestione partecipasse l’ANP, che da Ramallah si occupava dei referti sui tamponi, cui Israele impedisce di operare a Gerusalemme est.

L’episodio di Silwan getta luce sulla situazione dei programmi di prevenzione e di assistenza rivolti ai Palestinesi. Sia i palestinesi con cittadinanza israeliana, sia residenti a Gerusalemme est, denunciano forme di discriminazione sanitaria nei loro confronti. Sostengono in particolare che le unità di prevenzione delle aree a maggioranza araba siano insufficienti e il che materiale informativo diffuso sia inadeguato e poco comprensibile. A Gerusalemme est i due ospedali esistenti appaiono sovraffollati, privi di aiuti e dotati di attrezzature insufficienti. Significativo che il Campo profughi di Shufat -25 mila abitanti stimati-, che sorge all’interno dell’area metropolita di Gerusalemme est, si sia dovuto rivolgere alla Corte suprema israeliana per ottenere l’attivazione di un centro di prevenzione.

In Palestina il 5 marzo sono entrate in vigore le misure di lockdown e il successivo 29 il Presidente Abu Mazen ha dichiarato lo stato di emergenza. Dato che la maggior parte dei palestinesi che hanno inizialmente contratto il virus lavorava in Israele, il Ministero della Salute ha disposto la sospensione degli spostamenti verso Israele. Molti lavoratori palestinesi spinti dalla necessità economica, hanno continuato a oltrepassare la “Barriera di separazione” in modo clandestino, incrementando i pericoli di contagio. Le misure sono state parzialmente allentate a partire dal 20 aprile, ma il pericolo di una recrudescenza dell’epidemia si evidenzia alto.

La situazione appare particolarmente preoccupante in Area C, ove vivono oltre 200 mila palestinesi. L’area C permane sotto totale controllo di Israele, la quale impedisce alle strutture sanitarie della ANP di operare. Date le restrizioni alla mobilità, la copertura sanitaria non risulta garantita e le iniziative di prevenzione sono sostanzialmente assenti, nonostante la Convenzione di Ginevra sancisca l’obbligo da parte della potenza occupante di tutelare la salute ed i servizi sanitari della popolazione palestinese. Una situazione particolarmente critica si registra tra le comunità beduine, molte delle quali colpite dagli ordini di demolizione emanati negli scorsi anni. In particolare si segnala il caso della comunità di Khan al Ahmar, che ospita la Scuola di gomme realizzata da Vento di Terra e il cui villaggio permane sotto ordine di demolizione esecutiva.

I rischi di diffusione del COVID-19 appaiono particolarmente gravi tra i circa 5.000 prigionieri palestinesi, rinchiusi in carceri sovraffollate e dove le capacità ospedaliere e mediche sono estremamente limitate. Attualmente 194 minorenni palestinesi si trovano nelle carceri e nei centri di detenzione: secondo il Servizio Penitenziario Israeliano, al 31 marzo il 28% di loro era stato giudicato e il 60%, permaneva in detenzione amministrativa. Inoltre più del 70% dei minori palestinesi, in violazione della Convenzione di Ginevra che stabilisce il diritto dei reclusi di rimanere nella zona occupata, è detenuto in Israele.

L’Agenzia per i profughi palestinesi (UNRWA) ha intrapreso delle azioni specifiche per contrastare gli effetti economici della pandemia, avviando un programma di aiuti alimentari. L’ANP ha da parte sua promosso un piano di emergenza che prevede contributi in denaro destinati ai nuclei più disagiati. Durante la crisi sono inoltre emerse esili possibilità di collaborazione tra autorità israeliane e palestinesi. Da più parti, Israele è stata sollecitata ad allentare il blocco sui prodotti sanitari e i generi di prima necessità. Appelli e iniziative hanno tuttavia avuto scarsi sviluppi dato il deteriorarsi della situazione politica a seguito dell’annuncio dell’intenzione israeliana di annettere porzioni del territorio palestinese.

Un appello in merito alla situazione sanitaria palestinese è stato consegnato al Ministro degli Esteri Luigi di Maio lo scorso maggio da Società Civile per la Palestina, cui Vento di Terra aderisce.

Massimo Annibale Rossi
Vento di Terra ONG

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Fonti:

https://www.ochaopt.org/covid-19
https://who18.createsend.com/campaigns/reports/viewCampaign
https://www.dci-palestine.org/palestinian_children_detained_by_israel_increases_amid_covid_19
https://www.haaretz.com/israel-news/.premium-israeli-police-raid-palestinian-coronavirus-testing-clinic-in-east-jerusalem-1.8767788
https://www.972mag.com/topic/coronavirus/
https://it.globalvoices.org/2020/05/covid-19-in-palestina-vivere-tra-speranza-e-paura/
http://english.wafa.ps/page.aspx?id=pwbmisa115781704203apwbmis