Prepariamo il vento per farli imparare a volare

Prepariamo il vento per farli imparare a volare

 

“La sensazione è che questi bambini tengano nascosti in silenzio i loro sogni, ma appena possono esprimersi perché qualcuno li ascolta è come se liberassero le ali. In effetti, quello che facciamo durante le attività di gruppo è aiutarli a spiegare le ali, prepariamo il vento per far volare i loro piccoli sogni e desideri e apriamo loro una strada verso il futuro”. Dice così Mohammed, l’educatore che con passione conduce i Children’s Club che stiamo realizzando nel quadro del progetto “Ihtawini”, grazie al contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Si tratta di un percorso di apprendimento attivo e dinamico centrato sui diritti dell’infanzia, attraverso attività ludiche e creative e momenti di scambio e discussione, rivolto a 75 bambini giordani e profughi siriani tra i 9 e i 13 anni che finalmente da quest’anno hanno ripreso il loro percorso scolastico, che avevano abbandonato in alcuni casi da oltre tre anni. In Giordania, il fenomeno dell’abbandono scolastico colpisce in modo particolare i minori profughi siriani, che nel 40% dei casi non risultano iscritti a scuola. I fattori che contribuiscono a tale fenomeno sono molteplici e in particolare di natura economica, il lavoro minorile è infatti strettamente connesso con l’abbandono scolastico e costituisce una fonte di entrata importante per ben il 60% delle famiglie siriane. Accanto alle ragioni economiche vi sono anche la distanza dalla scuola, il bullismo, la scarsa qualità dell’insegnamento, ma non va dimenticato quanto la percezione del valore dell’istruzione all’interno della famiglia giochi un ruolo determinante sulla possibilità che i minori vedano riconosciuto il loro diritto all’istruzione.

Per questo il percorso di reinserimento ha previsto da un lato un sostegno economico alle famiglie, dall’altro un lavoro di sensibilizzazione che ha visto protagonisti i genitori. Accompagnati da due formatori, i genitori hanno partecipato ad un ciclo di incontri durante i quali sono stati affrontati e discussi diversi temi, a partire da una riflessione sui diritti dell’infanzia sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, si è poi passati a mettere in luce i fattori che ne ostacolano il rispetto e ad analizzare cause ed effetti di fenomeni tra loro correlati quali appunto l’abbandono scolastico, il lavoro minorile, i matrimoni precoci, per poi dare spazio anche alle dinamiche genitori-figli e alla comunicazione intra-familiare.

A seguito di questo percorso, è finalmente iniziato il reinserimento scolastico dei bambini. Coloro che avevano abbandonato la scuola da meno di tre anni sono stati inseriti nelle scuole pubbliche più vicine, nell’area est di Amman, mentre chi non frequentava da più di 3 anni è stato inserito nel Catch Up Programme gestito dall’UNICEF, che prevede specifici programmi di recupero, o in programmi di home-schooling. È stato un anno importante per loro, sebbene non sia stato un periodo fortunato per tornare a scuola dopo anni di assenza. Le limitazioni dovute alla pandemia li ha visti infatti frequentare in presenza solo per poche settimane e poi, grazie ai tablet e alla connessione internet forniti grazie al progetto hanno potuto seguire le lezioni quotidianamente attraverso la piattaforma on-line Darsak, tramite la quale i docenti giordani proseguono le attività didattiche durante i ricorrenti momenti di lockdown.

In questa situazione, l’opportunità di partecipare ai Children’s Club nel pomeriggio è stata ancor più preziosa. Potendosi svolgere in piccolo gruppo, nelle prime settimane è infatti stato possibile incontrarsi in presenza, con grande entusiasmo dei bambini e una risposta delle famiglie positiva, che in qualche caso ha sorpreso il nostro staff. Anche in queste ultime settimane, in cui si è tornati a incontrarsi on-line ognuno dalla propria abitazione, dopo qualche fatica iniziale tutto il gruppo continua a partecipare. Manca la bellezza di mettersi al lavoro in gruppo intorno a un cartellone, dove ognuno spiega con le proprie parole che cosa è un diritto o gli dà una forma colorata in un disegno, ma anche da lontano il senso di essere parte di un gruppo e il piacere di ritrovarsi rimane, prendendo altre forme. Si comunica condividendo i propri elaborati della settimana precedente tramite la chat e poi si legge e commenta insieme.

“Alcuni di loro non avevano mai sentito parlare dei diritti dell’infanzia”, commenta Mohammed, “ora guardano con occhi diversi la loro esperienza di abbandono scolastico ed è come se finalmente avessero cominciato a dipingere i loro sogni sulla carta dell’ambizione e del futuro”.