L’Afghanistan e la provincia di Herat

L’Afghanistan e la provincia di Herat

IL CONTESTO

Il paese non è di fatto mai uscito dalla guerra ed ancora occupato dagli eserciti Nato. Il governo centrale appare debole e inviso a una gran parte della popolazione, da molti considerato un fantoccio degli Usa. Molto attivi in tutto il paese risultano i nuovi mujiaddin islamici, che si confondono in molte zone con le milizie dei clan. Nel nord ovest del paese ci sono molte zone off limit, a causa delle guerre tribali, legate a diritti di passaggio, doganali, traffico di armi e oppio. I talebani da parte loro si sono ripresi dopo l’azione Usa del 2009, ed hanno stretto alleanze con altri gruppi. Alcuni di loro partecipano ai tavoli delle trattative mantenendo un atteggiamento ambiguo. Tavoli che si svolgono da tre anni in particolare a Dubai e in altri paesi sunniti del Golfo, che avevano appoggiato il governo taleb nel ’96, prima tra tutti l’Arabia Saudita. Il governo non controlla neppure l’intera capitale.

Il numero dei mendicanti è enorme. Storpi di ogni genere e persone malatissime vagano  per la capitale, molto spesso in stato di confusione mentale. Si registrano altissimi tassi di mortalità infantile e denutrizione.  Le case nei quartieri popolari, sorta di favelas, sono prive di riscaldamento e in città, 1700 mt, il termometro d’inverno scende a meno 15.

Ora il livello di complessità del disastro Afghanistan è significativamente più alto. Gli interessi e le presenze sono molteplici: in questo momento l’Afghanistan è da considerare il crocevia di più conflitti: Pakistan – India e Cina, Usa/Nato – Iran, Russia /Usa. Da più parti è interesse che la situazione si mantenga destabilizzata e destabilizzante.

La condizione della donna è probabilmente la peggiore del pianeta. Si notano timidi progressi, in particolare ostacolati dall’approvazione dell’ambigua costituzione afghana, che definisce il paese “repubblica islamica”, al pari dell’Iran. Si applica comunque ancora tranquillamente la sharia ed è prevista la pena di morte. Nel 2012 si sono date fuoco in segno di protesta 120 donne, in particolare nella provincia di Herat. Il problema delle donne di strada è inoltre in crescita. Sono mogli abbandonate dal marito, ripudiate o vedove. Coperte da burka stracciati vagano mendicando, spesso accompagnate dai figli. Vivono e muoiono all’addiaccio, senza poter mostrare il volto. I bimbi di strada sono spesso denutriti. Gira molto oppio, coltivato nelle regioni di sud ovest, usato come rimedio all’inedia. La speranza di vita è 48 anni e il pil pro capite 330 $. Tra i dati ONU, colpisce che la popolazione femminile delle scuole primarie afghane sia solo il 39%, con un lieve incremento negli ultimi anni. Il dato sulla scolarizzazione primaria generale è di poco superiore al 50%. Mancano strutture di base, e in particolare sempre più frequentemente mancano i fondi per i salari degli insegnati. La media per classe nella primaria è sui 45 allievi. La mortalità infantile è legata alla scarsa qualità dell’acqua e all’igiene. L’Afghanistan è uno dei tre paesi a livello mondiale ove la polio è endemica, ma le campagne di vaccinazione stanno progredendo velocemente. Sono presenti tifo, colera, tisi e parassitosi, sia intestinali, sia sanguigne. Nel paese è ancora presente la lebbra.

L’Afghanistan sta attraversando una fase di rapida urbanizzazione, che ha portato la capitale ad oltre 4 milioni di abitanti. In molti tentano l’avventura della città, ritrovandosi tuttavia disoccupati e alimentando la crescita delle baraccopoli periferiche. Un problema rilevante è rappresentato dagli sfollati, oltre 100 mila. Si tratta di persone che sono state scacciate dalle regioni di origine da gruppi armati, spesso in funzione di una pulizia etnica locale.

LA PROVINCIA DI HERAT

Herat è la terza città del paese, grazie alla sua posizione alla frontiera con l’Iran e alla propria vocazione commerciale.  La provincia è attraversata da una lingua di terra fertile che produce ortaggi e grano per buona parte del paese. Nelle comunità sciite la condizione della donna è sensibilmente migliore che tra i pashtun: possono accedere alle  varie professioni, all’università  e non utilizzano il burka.

Buona parte della ricchezza di Herat è dovuta ai proventi delle dogane: la frontiera con l’Iran dista solo 60 Km, mentre la frontiera con il Turkmenistan apre la via delle ex repubbliche sovietiche e del mondo  russo, con il quale l’interscambio è in crescita. Herat possiede un’ampia provincia, di cui i governativi controllano una piccola parte lungo l’arteria verso l’Iran. In alcuni distretti a nord, le forze governative non sono neppure presenti e il controllo è di fatto lasciato alle fazioni locali. La provincia, assieme a quella più meridionale di Farah, è dal 2002 sotto controllo militare italiano. L’esercito è stanziato in un gigantesco compound alle porte di Herat, nei pressi dell’aeroporto. I pattugliamenti dei militari sono tuttavia  rari e l’impressione è che si stia rapidamente preparando il ritiro. L’Italia partecipa ai piani di ricostruzione nazionali e gestisce il locale Provincial Recostruction Team. Ha realizzato decine di scuole primarie e un ospedale pediatrico. La gestione del programma ha ricevuto numerose critiche. L’esercito non costruisce infatti direttamente, ma attraverso appaltatori e non effettua controlli. A sua volta la sua azione non può essere controllata.

La coltivazione del papavero è tradizionalmente praticata. Herat era un centro privilegiato di commercio dell’oppio e una tappa fondamentale della Via della seta. Oggi la coltivazione è ufficialmente vietata, ma in realtà si è estesa. L’oppio è pagato profumatamente alla semina, che avviene a febbraio. Il papavero non necessita di particolari cure e si raccoglie a giugno. La droga passa clandestinamente il confine ed è raffinata in Iran, divenendo eroina per il mercato europeo. L’eroina viene gestita dalle varie mafie, stanziate in Turchia. Herat rappresenta uno snodo centrale per il traffico internazionale, in cui son presenti le mafie cinese, russa, europee, quanto servizi segreti e agenti dei vari paesi.