
Ihtawini – Guardare al futuro in tempo di pandemia
La parola araba “ihtawini” richiama il senso di protezione, quello che si prova quando ci si sente al sicuro tra le braccia di una persona cara. Lo abbiamo scelto come titolo del progetto che stiamo realizzando ad Amman, grazie al contributo dell’Agenzia Italiana per Cooperazione allo Sviluppo, nell’ambito del quale garantiamo servizi di inclusione sociale per donne e minori con fragilità.
Tra le tante azioni, stiamo realizzando alcuni workshop creativi rivolti a donne con disabilità. In Giordania la disabilità è una condizione ancora fortemente stigmatizzata e spesso i caregiver stessi contribuiscono all’esclusione sociale dei loro familiari con disabilità, come risultato della scarsa consapevolezza su come affrontare le specifiche necessità e della scarsa conoscenza dei servizi disponibili nell’area in cui vivono, anche quando questi sono disponibili. Nel quadro del nostro progetto, 15 giovani donne si cimentano con la modellazione del silicone, mentre altre 15 sperimentano tecniche di disegno e pittura su diversi materiali. Ciascun gruppo si incontra una volta alla settimana per un periodo complessivo di 3 mesi. Questi workshop hanno una doppia valenza: da un lato vogliono trasmettere alle partecipanti le abilità tecniche per creare degli oggetti che grazie al supporto del partner locale (Family Development Association) vengono venduti, garantendo una seppur simbolica fonte di reddito alle partecipanti; dall’altro, rappresentano spazi sicuri in cui le donne possono condividere le loro esperienze, esprimere liberamente in un gruppo di pari i loro vissuti ed emozioni facilitate dal mezzo creativo, e così costruire una rete informale di solidarietà che si consolida di incontro in incontro, grazie agli scambi e al fare insieme, ai successi vissuti all’interno e insieme al gruppo. Obiettivo finale di questi workshop è infatti infondere maggiore coraggio e fiducia nelle proprie capacità e opportunità, veicolando un senso di unione e condivisione che spesso ha come effetto anche il rafforzamento della sicurezza in sé stessi.
La storia di Heba ne è un esempio. Nel 2018 si è laureata in informatica con il sogno di realizzare un suo piccolo progetto, ma da allora non è riuscita né a trovare un lavoro, né a realizzare il suo progetto, complice anche la disabilità fisica con cui convive, che non le permette di articolare liberamente i movimenti delle mani. Figlia unica, oggi ha 25 anni e vive con i genitori di 65 e 72 anni. Grazie alla collaborazione con varie organizzazioni locali a cui Heba aveva lasciato il suo nominativo, lo staff di Vento di Terra ha potuto contattarla, offrendole l’opportunità di partecipare alle attività del progetto. Quando ha saputo della possibilità di partecipare, si è unita con piacere, incuriosita dall’esperienza e dall’idea di imparare qualcosa di nuovo. Da quando frequenta il workshop, non solo la mobilità delle mani è migliorata, ma grazie alle interazioni con le altre partecipanti, Heba ha soprattutto migliorato le sue capacità comunicative e acquisito molta più fiducia in sé stessa. Le restrizioni imposte dal governo giordano in risposta alla pandemia in corso avevano significativamente limitato le opportunità di socializzazione, situazione che Heba pativa in modo particolare, accusando malessere psicologico, demotivazione e nervosismo. La possibilità di uscire e socializzare con altre ragazze e donne è stata un’opportunità anche per ritrovare entusiasmo e fiducia nel futuro. Ora Heba è motivata a mantenersi attiva e aperta al mondo, a continuare a seguire altri corsi, e si è riproposta di riprendere a cercare un lavoro nell’ambito dell’informatica con una determinazione che forse non aveva mai avuto.
Scopri come sostenere il progetto Ihtawini e tutti glia altri nostri progetti qui.