Data inizio |
Maggio 2017 |
Obiettivi |
Miglioramento dell’accesso all’acqua e dei servizi di supporto psico-sociale per minori e famiglie vulnerabili del campo rifugiati di Rafah, Striscia di Gaza |
Stato del progetto |
concluso |
Finanziatori |
– Cooperazione Italiana allo Sviluppo
– Donatori privati e sostenitori di Vento di Terra |
Ente capofila |
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CONTESTO
Il protrarsi dell’assedio israeliano da 10 anni, la limitazione alla circolazione di beni e persone, insieme con l’isolamento politico, hanno prodotto nella Striscia di Gaza una situazione di stagnazione dell’economia e deterioramento delle condizioni di vita che gli aiuti umanitari non hanno potuto arginare, situazione acuita dall’esplodere di operazioni militari su vasta scala (2008/9; 2012; 2014).
In particolare, l’operazione “Margine Protettivo” del 2014 ha rappresentato il terzo più distruttivo attacco militare israeliano contro Gaza, causando 2.132 palestinesi uccisi, di cui quasi il 70% civili e oltre 11.100 palestinesi feriti.
Tre anni dopo “Margine Protettivo” sono state riabilitate solo in parte le infrastrutture sanitarie ed educative: a novembre 2016, solo il 39% delle 17.800 unità abitative distrutte o gravemente danneggiate nel conflitto era stato ricostruito; delle 11.000 case che sono state completamente distrutte, solo il 16% sono state completate, un altro 26% sono in fase di ricostruzione, e il 36% non hanno ricevuto alcun finanziamento. Come conseguenza della lentezza della ricostruzione, 10.248 famiglie per un totale di 53.300 persone, rimangono sfollate. Il processo di ricostruzione è stato ritardato inoltre nei mesi di aprile e maggio 2016 per le forti restrizioni all’accesso del cemento oltre alla mancanza di fondi per la completa ricostruzione di circa 4800 unitá abitative completamente distrutte.
Rimangono inoltre forti limitazioni alla libera circolazione delle persone che rendono ancora più acuta la crisi umanitaria: secondo i dati diffusi da OCHA nel corso del 2016 il valico di Rafah è rimasto aperto solamente per 38 giorni e ci sono oltre 20,000 persone pre-registrate in attesa di poter passare il valico con l’Egitto.
Secondo stime della Banca Mondiale il tasso di disoccupazione a Gaza è pari al 42%, più del doppio rispetto al 18% stimato per la Cisgiordania, con cifre vicine al 60% se riferito alla disoccupazione giovanile. Il tasso di crescita dell’economia palestinese è stimato intorno al 3,5% nel medio termine, che se rapportato al tasso di crescita della popolazione nei territori, implica una quasi stagnazione del reddito pro – capite.
Tre anni dopo la fine dell’attacco, tutte le 252 scuole danneggiate sono state riparate, ma la ricostruzione di sei delle sette scuole totalmente distrutte è incompleto. Almeno 20 nuove scuole dovrebbero essere costruite annualmente per far fronte alla crescita della popolazione, ma solo 20 sono state costruite nel corso degli ultimi otto anni (fonte del 2013).
In un clima di incertezza causato da un mancato accordo per un nuovo governo di unità nazionale anche le scuole hanno subito forti tagli per le proprie attività educative,una riduzione dell’organico di insegnanti e personale di supporto e nella manutenzione delle infrastrutture, determinando un mancato o limitato accesso a risorse idriche in quantità e di qualità. In un contesto in cui circa il 60% della popolazione risulta esposta a rischio malattie a causa della scarsa qualità dell’acqua e dei mezzi di distribuzione e dove si stima che il 95% della falda acquifera è contaminata ed inadatta al consumo umano, intervenire nelle scuole è il primo passo verso il raggiungimento di spazi educativi salutari e migliorare le condizioni di accesso all’educazione, specialmente per ragazze e bambine.
Si evidenzia inoltre come la prolungata crisi umanitaria in corso a Gaza abbia avuto un impatto devastante, oltre che sul piano strutturale, anche sul benessere psicosociale, la sicurezza fisica e il futuro di ragazze e ragazzi. I minori e le loro famiglie vivono in un ambiente caratterizzato da violenza, povertà ed insicurezza e le restrizioni e violenze legate al conflitto hanno lasciato un profondo senso di insicurezza per il futuro. Secondo i dati OCHA, dopo il conflitto del 2014 le condizioni di circa 65,000 persone, che continuano ad essere sfollate, sono di grande preoccupazione a livello umanitario, incluso il limitato accesso ai servizi e violenza di genere.
IL PROGETTO
Il progetto si pone l’obiettivo di migliorare la resilienza della popolazione con attenzione particolare a minori in età scolare e le loro famiglie, garantendo l’accesso all’acqua, l’uso consapevole delle risorse naturali e rafforzando le capacità ed i meccanismi di supporto psicosociale a livello comunitario.
L’intervento si svolgerà nel campo profughi di Rafah, a sud della Striscia di Gaza, con due obiettivi:
1 – Approvvigionamento di acqua
La situazione per il campo – mostra una rete di approvvigionamento idrico per il campo dipendente dalla Municipalità’ di Rafah (15 pozzi). La qualità dell’acqua non è monitorata costantemente ma solo a seguito di segnalazioni o di falle nel sistema di approvvigionamento. Data la situazione, risulta prioritario garantire l’accesso ad adeguati quantitativi di acqua alla popolazione del campo profughi di Rafah, specialmente per minori, famiglie nelle scuole e donne in situazione di vulnerabilità. Le attività saranno quindi mirate a garantire un adeguato accesso alle fonti idriche per minori e famiglie, un uso responsabile delle medesime mediante specifici trainings che riguarderanno i sistemi di stoccaggio installati e la realizzazione di attività propedeutiche nelle scuole e donne beneficiarie.
2 – accesso a servizi di supporto psicosociale
La protratta crisi della protezione umanitaria, ha avuto un impatto devastante sul benessere, la sicurezza fisica e il futuro di ragazze e ragazzi. Restrizioni e violenza correlate al conflitto hanno lasciato i bambini e i giovani con un profondo senso di insicurezza per il loro futuro.. Dalla fine dell’attacco Margine Protettivo è aumentata la violenza fisica e verbale dei minori, nella maggior parte dei casi affetti da stress post traumatico. Si stima che 225 mila minori (uno su quattro) ancora oggi abbia bisogno di supporto psicosociale. Questi dati sono stati confermati anche nelle scuole selezionate dal progetto, tra i 4.536 studenti e le famiglie di riferimento, non raggiunte da servizi strutturati di supporto psicosociale e dove si registrano le problematiche più comuni tra ragazzi e ragazze, come grida e pianti inusuali, comportamenti aggressivi, difficoltà di concentrazione e scarsa partecipazione alle attività scolastiche.