La tragedia di Gaza chiede l’impegno di tutti
Le notizie ci arrivano a tratti, come si avverte che a tratti manca il respiro a chi ci scrive, a chi prova a mandarci un vocale, a chi ci manda le immagini di quello che si trova intorno, le macerie di una terra martoriata, le ferite dei corpi e delle anime che la abitano aggrappati a una speranza sempre più flebile.
Dal 7 ottobre, dopo gli efferati attacchi delle milizie di Hamas alla popolazione civile in territorio israeliano, contro i civili di Gaza si è scatenato quello che non si fatica a chiamare “inferno”. Nella Striscia di Gaza, un fazzoletto di terra già da 16 anni costretto dentro confini di terra e di mare controllati da terzi, dal 7 di ottobre è in corso una tragedia. Il quadro, in costante peggioramento quotidiano, è estremamente drammatico. Al 30 di ottobre: più di 8.000 persone sono state uccise, di queste il 67% sono bambini e donne. Altre 1600 persone, di cui si stima circa 900 bambini, sono “missing” probabilmente sovrastati dalle macerie degli edifici crollati. Il 45% delle case sono state distrutte, danneggiate e rese inabitabili. 1.400.000 mila persone sono sfollate, tra queste tutte quelle che vivevano nell’area nord a cui è stato intimato di ri-collocarsi nella zona a sud della Striscia. Dal 7 di ottobre Israele ha bloccato la fornitura di energia elettrica e di acqua potabile, bombardando al contempo la centrale di Gaza, i pozzi e la maggior parte delle infrastrutture. Si contano: 76 attacchi a strutture sanitarie con 20 ospedali e 24 ambulanze danneggiate, uccisi mentre erano in servizio almeno 16 operatori sanitari, 34 membri della protezione civile e 53 operatori della agenzia delle UN – UNRWA; 221 strutture scolastiche danneggiate.
La mancanza di energia elettrica, e di benzina per poter far funzionare i generatori di emergenza, sta portando gli ultimi ospedali a dichiarare la morte anticipata di neonati in incubatrice, pazienti in dialisi, pazienti con respiratori, e altri ricoverati in condizioni gravi.
In questo quadro, gli aiuti che sono stati fatti entrare dal confine con l’Egitto (più volte bombardato da Israele nella parte palestinese), sono pari a poco più di 100 tir con acqua, medicine e cibo. Prima del 7 ottobre, quando ricordiamo la Striscia era già chiusa da 16 anni al passaggio libero di merci e persone, ne entravano in media 500 al giorno.
La situazione è tragica, le persone non hanno più cibo e acqua, le bombe distruggono e cadono su intere aree densamente popolate. Dentro la Striscia di Gaza si sta compiendo un massacro di civili, in piena violazione del diritto umanitario internazionale.
In questo quadro, dove la speranza di una umanità si sta bruciando come brucia la pelle dei bambini senza colpa colpiti dai missili, due milioni di persone stanno cercando di resistere, sopravvivere, urlare al mondo la loro innocenza, così come la brutalità di una guerra che come sempre si fa per interessi nazionali distanti anni luce dalla vita delle persone normali.
Vento di Terra è da sempre vicina alla popolazione di Gaza. Lavoriamo con maestre d’asilo, animatori di comunità, insegnanti di scuola primaria, psicologi, educatori ed educatrici che hanno speso ogni giorno della loro vita a costruire una possibilità, un contesto e un futuro diverso per le persone più fragili e in particolare per i bambini e le bambine, molti dei quali già testimoni negli anni precedenti di violenti attacchi militari.
Nella tragedia che in questi giorni si sta vivendo a Gaza, il personale di Vento di Terra cerca di fare il possibile per aiutare gli altri. Le maestre della Terra dei Bambini, l’assistente sociale e la psicologa di quello che era il centro per le donne, l’animatore del biblio-tuktuk, sono tutti sfollati. Si trovano nell’area sud, dove gli è stato imposto di andare, rifugiati nelle scuole delle Nazioni Unite, insieme ad altre migliaia di persone. Nonostante siano esposte a un costante rischio, dato dai bombardamenti incessanti, e a condizioni di vita inimmaginabili, senza acqua e senza cibo, stanno tutti facendo il possibile per alleviare le sofferenze delle persone con cui si trovano a condividere questa tragedia. Organizzano attività con i bambini, aiutano a condividere il cibo, danno consigli su come gestire momenti di panico e tensione tra i bambini.
Noi cerchiamo di fare il possibile per sostenerli. Manteniamo contatti costanti, rassicurando e raccogliendo informazioni che consentono di capire cosa effettivamente succede sul campo. Facilitiamo la messa in rete con altre persone esperte in ambito educativo e psicologico per condividere esperienze e strumenti utili in un momento così particolare, perché essere DENTRO una emergenza, è diverso che dare supporto DOPO una emergenza. Cerchiamo di inviare supporto materiale attraverso piccoli trasferimenti che consentano di comprare beni di prima necessità nei negozi che ancora ne hanno a disposizione, beni da distribuire per aiutare le persone a loro vicine.
Noi non ci lasciamo andare, nonostante la disperazione nel vedere l’umanità assente di fronte a una emergenza senza precedenti (perché Gaza è CHIUSA, a differenza di altri luoghi di guerra, nessuno ne può uscire se non vengono aperti dei corridoi umanitari protetti). Vogliamo continuare a stare vicino al nostro staff, alle maestre, ai bambini, alle donne, alle famiglie che si trovano ad essere vittime innocenti di questa tragedia e per i quali in questo momento NESSUN POSTO È SICURO. Vogliamo far sentire loro che non sono soli, che esistono ancora tante persone che hanno a cuore la loro vita, che non cedono alle facili generalizzazioni, che credono e agiscono concretamente per una PACE GIUSTA.
Per questo, lavoriamo giorno e notte. E qui in Italia sensibilizziamo quante più persone possibile sulla necessità di creare corridoi umanitari, promuoviamo appelli e iniziative pubbliche, raccontiamo cosa succede a Gaza alla stampa, informiamo per comprendere in quale contesto questa tragedia è maturata, perché la storia non si ripeta, perché la storia offra ancora una chance per creare un mondo più giusto ed umano.
Ognuno di noi può fare la sua parte. Ogni goccia, insieme ad altre, diventa fiume, e lago, e mare e oceano. E oggi più che mai abbiamo bisogno di gocce e fiumi e laghi e mari e oceani di persone che si muovono e si adoperano per una pace giusta e duratura.