Voci da Gaza

Voci da Gaza

A meno di due anni dall’ultima pesante operazione militare (novembre 2012), le forze armate israeliane lanciano l’8 luglio la nuova offensiva “Bordo Protettivo”. In questi giorni nella Striscia di Gaza, il lembo di terra più densamente popolato al mondo, si sta assistendo all’ennesima strage umanitaria, che colpisce soprattutto donne e bambini. Non vogliamo, qui, pubblicare immagini raccapriccianti e fornire numeri, che è possibile trovare su numerosi altri canali di informazione.
Qui vogliamo dare voce alle persone che vivono nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, alle persone con cui ogni giorno lavoriamo per garantire servizi base a donne e bambini, in un’ottica di sviluppo, cooperazione e pace. Le parole del nostro staff locale, che per noi rappresentano le parole e la situazione che sta vivendo tutta la popolazione Gazawi.

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13/08/2014“La situazione ad Um al Nasser è molto pesante” ci racconta F. che nei giorni scorsi è tornata al villaggio, nonostante la paura di cosa possa succedere. “Le condizioni nella scuola UNRWA sono così terribili che stiamo rischiando di ammalarci, per cui preferiamo tornare a casa in attesa di capire cosa accadrà”.
“Purtroppo – continua F. – c’è una brutta notizia: nei giorni scorsi, prima della tregua, una bomba ha colpito una casa del villaggio, ferendo 5 persone, tra cui il piccolo Mohammed, 5 anni, frequentante il nostro asilo… Il bimbo per fortuna non è grave e speriamo possa tornare nuovamente con noi all’asilo.”
Dal villaggio ci arrivano forti le richieste per ricostruire il centro “La Terra dei Bambini”… tutti rivogliono indietro quel briciolo di speranza e gioia che rappresentava. Nel frattempo la proposta è allestire delle tende dove fare l’asilo in attesa che la struttura nuova sia ricostruita… il che ci sembra una bellissima idea!

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11/08/2014 – A.K. in questi giorni è ospitato dal nipote a Beit Hanoun. Ci conferma che la sua casa purtroppo è completamente distrutta e sta cercando di capire come sistemarsi in futuro. “Anche Beit Hanoun non è sicuro, ma almeno qui possiamo stare in una situazione migliore, con un po’ più di spazio a disposizione per la mia famiglia”, ci racconta. In questi giorni di tregua riescono a spostarsi e sono alla ricerca di cibo e acqua.
E’ sempre in contatto con il sindaco di Um al Nasser, che si è sistemato temporaneamente a Jabalya, dal momento che anche la sua casa è completamente distrutta.
A.K. si reca tutte le mattine alla Municipalità ad Um al Nasser, dove sta organizzando la gestione del fondo emergenza che Vento di Terra ha istituito per dare supporto agli abitanti del villaggio.
Il villaggio è per metà senza elettricità, ma la compagnia elettrica sta aggiustando per quanto possibile e sembra ci siano i primi risultati.
Come sempre ci ringrazia all’infinito per la nostra vicinanza e supporto, che non li fa sentire abbandonati in questa insensata guerra.

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03/08/2014 – Questa notte l’esercito israeliano si è ritirato dal villaggio di Um Al Nasser. Gli abitanti hanno cominciato a rientrare, ma parte delle case sono state demolite. Il sindaco Abu Tarek ci conferma che i danni sono ingentissimi: edifici pubblici, acquedotto, elettricità, strade. Fortunatamente non si ha ad ora notizia di vittime nella comunità. Il municipio è tra gli edifici pubblici risparmiati, e da lì s’intendono coordinare i servizi di assistenza. La priorità è cibo e acqua. Tra le case demolite, risulta anche quella della famiglia del sindaco, posta nell’erea centrale. Appare che le demolizioni siano avvenute in maniera mirata, utilizzando delle ruspe blindate. Un problema gravissimo è ora costituito dagli sciacalli che, approfittando dell’assenza dei proprietari, e del vuoto di potere, depredano le case. E’ la ragione che ha spinto la maggioranza degli abitanti del villaggio a tornare non appena giunta la notizia del ritiro, nonostante la zona sia ancora pericolosa. Non esiste più polizia, servizi e il Ministero dell’interno è stato distrutto. Gli ospedali sono al collasso. Chi possiede un’arma può usarla a piacimento, quindi, sostiene il sindaco, il pericolo per i civili è in queste ore massimo.

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28/07/2014 – Diventano sempre più difficili le comunicazioni da Gaza, la linea è molto disturbata, ma per ora sta reggendo. La nostra preoccupazione sale sempre di più, ad ogni notizia che ci arriva da Gaza.
Ieri sera raggiungiamo F. al telefono: è ancora nella casa della zia a Jabalia. Ieri però hanno ricevuto un avviso telefonico: hanno detto di lasciare le case perchè stanno per attaccare.
Ancora non è successo nulla, lei è terrorizzata sia all’idea di rimanere, sia a quella di andare. Tutti hanno in mente i massacri degli altri quartieri, dove le persone sono state addirittura attaccate mentre lasciavano le case dopo essere stati invitati a farlo….
Oggi – ci racconta – alcuni di noi hanno provato a tornare a Um al Nasser durante la tregua, ma ormai il villaggio è pesantemente occupato dai militari isrealiani con un forte dispiegamento di mezzi. Chi è riuscito ad andare oltre non ha trovato molto: anche le mucche e gli animali sono stati uccisi.
Durante la tregua F. è stata a trovare sua madre e i bambini più piccoli della famiglia nella scuola UNRWA: ormai dormono tutti insieme, maschi e femmine, nei corridoi, nel cortile…  le persone stanno veramente male; pare che si dica che ai rifugiati di Um al Nasser verranno date delle tende.
Ora, è presto per capire cosa accadrà, ma certo il fatto che il villaggio sia occupato militarmente e che la “buffer zone” sia stata estesa non lascia spazio a bei pensieri.
“Spero che l’attacco di cui hanno avvisato non ci sia. Se entrassero nel cuore del campo profughi a Jabalia sarebbe un vero massacro.”

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24/07/2014 – F. è ancora nel campo di Jabalia, dopo la fuga da Um al Nasser nella notte del 17 luglio, e per fortuna sta bene….alla fine della nostra telefonata un po’ sorrideva, dice che hanno bombardato così tanto stanotte vicino alla sua casa che pensava: “se sopravvivo è un miracolo”… per questo è felice, per essere ancora viva….
La sua famiglia è ancora alla scuola UNRWA di Jabalia, dove ci sono anche tutte le maestre della Terra dei Bambini.“La condizione nella scuola – ci dice – è terribile: c’è un solo materasso per famiglia, non c’è acqua per lavarsi, e come cibo se va bene una scatoletta di tonno e un po’ di formaggio per famiglia… oggi poi erano tutti terrorizzati dopo aver sentito degli attacchi alla scuola UNRWA di Beit Hanoun…. è qualcosa di indescrivibile il dolore, il terrore, e ciò che c’è intorno….
Poi ci racconta di come gli abitanti del campo stanno aiutando le famiglie sfollate come loro.  Lei ha lasciato il villaggio senza scarpe, senza prendere nulla…sua madre come altre donne non avevano neanche il velo…. “Alle 11 qualcuno già dormiva… se ti svegli con un missile sopra la tua casa non pensi cosa prendere prima di scappare, pensi solo a salvarti….”. Così le persone del campo aiutano gli sfollati, anche chi è rifugiato nelle scuole, dando vestiti, acqua, cibo e anche soldi.
“Abbiamo chiuso la telefonata con un sorriso tra le lacrime – racconta Barbara Archetti, responsabile progetti di Vento di Terra – ….ci siamo dette che avremo tanto lavoro da fare insieme dopo tutto questo, che ci sarà bisogno di lei, delle maestre…e che quindi non deve lasciarsi andare.
Ma F. non si lascia andare, vuole che tutto questo terrore finisca, ma vuole anche che finisca Gaza per come è stata fino ad ora… “Le bombe uccidono tante persone tutte insieme, ma la chiusura di Gaza ne ha uccise tante anche prima, come uno stillicidio…”
“Ci ritroveremo quando tutto questo sarà finto, per abbracciarci, e lavorare insieme per ricostruire tutto….”

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18/07/2014 – F., insegnante presso l’asilo della Terra dei Bambini: “Stanotte alle 11 abbiamo lasciato il villaggio di Um al Nasser. Sono state bombardate alcune case vicino all’asilo, e poi alcune altre case nella parte superiore del villaggio, dove c’è anche la nostra casa.”
Così tutti, circa 5.000 persone, alle 11 di ieri sera hanno lasciato le proprie case e si sono messi in cammino verso il campo profughi di Jabalia. La maggior parte è andata nelle scuole Unrwa, dove F. dice non esserci acqua, elettricità e cibo. “E’ ramadan e per i grandi il cibo non è un problema, ma per i bambini sì. Le persone dormono per terra e sui banchi di scuola. Cercano tutti di dormire di giorno se non ci sono esplosioni, perchè la notte con tutte le bombe e gli incubi nessuno dorme.
Lei, le sue sorelle e due zie sono andate a casa di parenti. La famiglia si è divisa: i suoi genitori con i fratelli maschi alla scuola UNRWA, loro in questa casa del campo di Jabalia. Sono in 4 famiglie, 20 persone, in 60 mq con le solite difficoltà di gaza (acqua non potabile, elettricità che manca quasi sempre).
Le altre maestre ad oggi sono tutte vive, anche loro nel campo di Jabalia. “Cerco di mettermi in contatto con loro spesso, almeno per sapere come stanno”, ci dice F.
Il villaggio di Um Al Nasser è quindi rimasto vuoto.

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16/07/2014 – Riusciamo nuovamente a contattare A.K., la situazione è sempre più critica, c’è grande paura e disperazione: “Ci siamo dovuti spostare a casa di mio fratello, con i nostri 4 figli, perché hanno bombardato 4 edifici proprio di fronte alla nostra casa. Non sono completamente distrutti, per cui li bombarderanno di nuovo, ma non sappiamo quando. Non c’è acqua e i camion che di solito riempiono le cisterne sui tetti non operano in questi giorni. Uno di quei camion è stato colpito da un missile pochi giorni fa. Così non c’è telefono e internet e l’elettricità va e viene. Proprio ora un aereo sta gettando volantini dal cielo, chiedendo alla gente di lasciare le case perché intendono bombardare in modo pesante o entrare via terra con i carri armati … chissà … ma dove dobbiamo andare? Dove devo andare con i miei figli?”

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13/7/2014 –  F. fa parte dello staff locale di Vento di Terra, lavora ogni giorno con i bambini nella “Terra dei Bambini”, a Um al Nasser, a nord della Striscia di Gaza. Siamo riusciti a contattarla e scambiare qualche parola poco fa. E’ tra quelli che hanno ricevuto l’avviso di lasciare le proprie case. Ma loro hanno deciso di non andare via.Sono terrorizzati, ma, ricordando che nell’ultimo attacco sono state bombardate anche le scuole di UNRWA (Onu),dice che tanto nessun posto è sicuro a Gaza. “Tanto vale – dice – rimanere a casa propria”. Dice che si sente forte, che sono sopravvissuti negli anni a tutti gli attacchi, e che preferiscono morire a casa loro piuttosto che spostarsi ed essere comunque colpiti da un missile….

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12/7/2014 – S. è assistente project manager presso la “Terra dei bambini”, riusciamo a contattarla tramite chat. Le chiediamo come sta, cerchiamo di darle conforto e di farle sentire la nostra presenza: “we’re still alive nothing happened to us physically, but on a psycological level we need help”, ci scrive.

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12/7/2014 – H. è giovane, è creativo, ama la fotografia ed è di Gaza, dove vive tutta la sua famiglia. H. però in questi giorni non si trova a Gaza. E’ ad Amman, in Giordania, dove sta coordinando un progetto di assistenza ai profughi siriani scappati anche loro dalla guerra, come lui, del resto. H. è il membro più giovane dello staff di Vento di Terra.
Da quel maledetto 8 luglio, quando Israele ha ufficialmente iniziato la sua nuova e cruenta operazione, H. vive in modo schizofrenico. Passa le giornate al lavoro tra i campi profughi siriani e in ogni pausa è attaccato a facebook, skype e internet per provare a sentire famiglia e amici e capire cosa accade a casa. H. non è nuovo ai bombardamenti israeliani ma per la prima volta non è insieme con la sua famiglia mentre l’esercito attacca.
H. può parlare con sua madre e i fratelli per massimo sei ore al giorno, le ore in cui nella Striscia arriva l’elettricità. Il problema sono le altre diciotto ore della giornata quando legge il bollettino dei morti che sale e non può sentire nessuno.
Gli stiamo ripetendo di prendersi qualche giorno di pausa, di lasciar perdere il lavoro per un po’, di non impazzire nel vortice di quello che sta succedendo. H. si mette a ridere. “Sono palestinese – dice – a noi non è concesso di fermarci, nemmeno per poco. Se Dio vorrà tutto finirà presto”.
Se anche gli uomini vorranno, tutto finirà presto. 

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11/7/2014 – “Last night were been destroyed three houses around our house. Our house is partially effected.The situation is very bad, the kids are scary so much, we are still alive until now it’s really a war everywhere explosions and bombs.They bomb near the kindergarten, there are some cracks in the plastering. PLEASE pray for us that it will finish soon”. A.K. è una persona dall’animo estremamente gentile. Si accorge del tuo stato d’animo a distanza e riesce a metterti a tuo agio, quasi sempre. Anche nelle situazione più difficili. Un dono di natura, una grande sensibilità. A.K. vive a Gaza e da anni collabora con Vento di Terra. Ha conosciuto molti dei nostri amici e guidato le nostre delegazioni. “E’ una delle persone più aliene dalla violenza e dall’aggressività che io conosca.”, dice Massimo Annibale Rossi. A.K. vive a Gaza e ci chiede di pregare per lui…