Servizi educativi nei campi profughi

Data 2006 –> 2011
Obiettivo Promozione di servizi educativi extrascolastici a favore dei bambini e giovani nei campo profughi palestinesi di Shu’fat e Kalandia, Gerusalemme Est.
Stato del progetto CONCLUSO
Partner tecnico – Cooperativa Centri Rousseau di Milano
Finanziatori Ministero degli Affari Esteri Francese, 8×1000 Tavola Valdese, Cooperazione Decentrata Italiana, Fondazione Cariplo, UNDP (United Nation Development Program)

Vento di Terra ha attrezzato e sostenuto le attivita’ educative extrascolastiche dei Centri giovani dei Campi Profughi di Kalandia e Shufat, nei pressi di Gerusalemme.Nello specifico i servizi educativi si rivolgono ai minori tra i 6 e i 14 anni e alle loro famiglie e  promuovono attraverso 2 equipe di educatori locali:

  • attività di relazione educativa individuale
  • attività animative di gruppo
  • visite domiciliari
  • attività educative genitori-figli
  • presa in carico dei casi problematici
  • laboratori artistici e culturali
  • attività sportive
  • attività di sostegno scolastico
  • gite educative
  • educazione civica
  • attività di rete con altre realtà educative principalmente nell’area di Gerusalemme, Betlemme e Ramallah,
  • centri estivi.

Sessioni formative sono state realizzate per la diffusione di competenze a livello professionale a favore degli educatori locali.

Campo Profughi di Shu’fat

Shu’fat Refugee Camp è un campo profughi che si trova a circa 4 km da Gerusalemme, circondato da insediamenti israeliani, e ospita circa 25.000 persone su un’estensione di circa 2Km quadrati. Di queste solo 10.069 sono rifugiati ufficialmente riconosciuti dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della salute, dell’istruzione e degli altri basilari servizi per i rifugiati palestinesi. Ciò significa che meno della metà della popolazione ha accesso a tali servizi.

Il campo profughi di Shu’fat è nato nel 1966, quando la popolazione palestinese dell’attuale quartiere ebraico di Gerusalemme venne forzosamente spostata dal governo giordano in collaborazione con le Nazioni Unite, promettendole che avrebbe avuto case dove abitare e terra da coltivare. Con la guerra del 1967 e l’occupazione militare israeliana di Gerusalemme e della Cisgiordania, nuovi profughi si sono aggiunti ai primi: la popolazione è aumentata ma non l’estensione del campo e anzi sono gli insediamenti coloniali ad avanzare. In più, ai confini del campo, ben definiti geograficamente e non estendibili, è in via di ultimazione il Muro, costruito da Israele. Si tratta di un serpente di cemento armato alto 9 metri che lo chiude a goccia e lo separa dal vicino insediamento israeliano di Pisgat Ze’ev, dall’area metropolitana di Gerusalemme, dall’autostrada per il Mar Morto e dai vicini villaggi arabi. La popolazione, in costante aumento (le famiglie sono composte in media da 7,73 persone e l\’età media è di 17 anni), è destinata a vedere ulteriormente erosi i propri diritti basilari: mobilità, istruzione, occupazione, assistenza sanitaria. Gli spostamenti sono fortemente limitati dalla presenza di un check point fisso verso Gerusalemme, cui si accede con un documento speciale, e dalla invadenza delle infrastrutture destinate ai coloni e dai check point sul versante della Cisgiordania. Le aule della scuola dell’obbligo sono sovraffollate e i limiti imposti alla mobilità impediscono o ostacolano significativamente la frequenza agli istituti superiori. Il tasso di disoccupazione rasenta il 70% e i dati Unicef segnalano la presenza di un terzo di minori affetti da malnutrizione. Nel campo si segnala un’alta incidenza di patologie intestinali e respiratorie dovute alla scarsa qualità dell’acqua e ai problemi di smaltimento dell’immondizia. Particolarmente significativi nell’ultimo periodo i disturbi comportamentali legati al clima di violenza generalizzato. Il quadro ha subito un peggioramento a partire dalle elezioni del 2006 e dalla decisione dei governi europei e americani di bloccare gli aiuto all’Autorità Nazionale Palestinese.

Oltre all’aspetto più prettamente economico, gli effetti dell’occupazione militare e del protrarsi del conflitto influenzano le relazioni sociali. Nella comunità locale è facile avvertire segnali di disgregazione. Chiusura e timore, la difficoltà a intravedere prospettive positive per il futuro, spingono la popolazione palestinese verso una progressiva chiusura. Il bisogno di affermare la propria identità spinge le famiglie a richiudersi nel clan di appartenenza, i bambini a riconoscere nell’aggressività l’unico strumento relazionale, i giovani a vivere senza prospettiva.

I servizi extrascolastici per minori sono ancora sottostimati rispetto al bisogno e al numero dei bambini, malgrado la creazione del Centro giovani di Shu’fat nel 2002 grazie al progetto “Bambini e Giovani del Campo Profughi di Shu’fat, Gerusalemme est” promosso dall’Associazione Vento di Terra, fondamentale risorsa sociale operativa nell’area.

Campo Profughi di Kalandia

Il Campo Profughi di Kalandia è situato sulla strada di collegamento tra Gerusalemme e Ramallah, adiacente al check point israeliano che separa Gerusalemme dalla Cisgiordania del nord. Il Campo è stato fondato nel 1949 su un’area di 353 dunums. Le autorità israeliane considerano l’area sulla quale sorge il Campo parte della cosiddetta “Grande Gerusalemme”, anche  se di fatto è tagliato fuori dalla città dal muroed è incluso nella zona d’influenza di Ramallah. A seguito degli accordi di Oslo del 1995 il Campo di Kalandia è stato definito come zona “C” e rimane sotto il controllo amministrativo e militare d’Israele. Il numero di profughi ufficiali si attesta sui 10.024, a cui vanno aggiunti altre migliaia di rifugiati, stimati su altre 10.000 presenze “non ufficiali”, trasferitisi nel Campo allo scopo di sfruttare la sua vicinanza a Gerusalemme, creando una situazione del tutto simile a quella del Campo di Shu’fat.

Solo i profughi ufficiali hanno la possibilità di accedere a Gerusalemme avendo una carta di identità rilasciata dal Governo israeliano che permette loro di passare il check-point. L’altra metà della popolazione è costretta a gravitare su Ramallah, città già allo stremo economico e carente di servizi. Tale situazione contribuisce a mantenere un altissimo livello di disoccupazione che si attesta intorno al 70%.

La situazione generale del Campo rimane disastrosa, dato il sovraffollamento, la cronica carenza di servizi e la situazione di costante tensione data dalla vicinanza del grande check-point israeliano. In particolare la situazione dei minori è preoccupante, a causa della parziale chiusura dell’unico centro giovani, impossibilitato a portare avanti le attività in modo continuativo a causa dell’inadeguatezza di strutture e dell’assenza totale di fondi. I minori, in un contesto così difficile e privo di servizi, manifestano un vissuto di violenza, che ha pesanti conseguenze nelle sfere affettiva e comportamentale.